Decisione Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello n. 0092/CFA-2024-2025 del 17 marzo 2025 (procedimento n. 89/CFA)

Decisione Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello n. 0092/CFA-2024-2025 del 17 marzo 2025 (procedimento n. 89/CFA)

Le Sezioni Unite della Corte Federale d’Appello F.I.G.C., respingendo il reclamo proposto da una Società e dal suo Presidente, con conferma della decisione del Tribunale Federale Nazionale – Sezione Disciplinare, hanno avuto modo di esaminare una vicenda relativa a situazioni di abuso psicologico e comportamenti discriminatori e di negligenza ai danni di calciatori minorenni, che ha preso le mosse da alcune segnalazioni sul portale FIGC – Tutale dei minori.

Il procedimento prendeva le mosse dal deferimento della Procura Federale al Presidente della Società per violazione dell’art. 4, comma 1 del Codice di Giustizia Sportiva FIGC “anche in relazione alle disposizioni contenute nella “Policy per la tutela dei minori” adottata dalla FIGC[1]”, in relazione all’omissione dell’adozione di “misure appropriate a garantire e tutelare i valori ed i principi” ivi espressi, “consentendo e/o comunque non impedendo” che fossero proferite espressioni “particolarmente aggressive”, con l’utilizzo di un linguaggio “colorito” contrario ai principi di lealtà, correttezza e probità.

Per i medesimi fatti veniva contestualmente deferito anche l’allenatore, al quale veniva inoltre contestata la violazione di quanto disposto dall’art. 37, commi 1 e 2 del Regolamento del Settore Tecnico. Quanto poi agli episodi di discriminazione, sia la Società che l’allenatore venivano, rispettivamente, incolpati della violazione dell’art. 28 commi 5 ed 1 del Codice di Giustizia Sportiva FIGC oltreché, per quanto riguarda la sola Società, per violazione dell’art. 6 commi 1 e 2 del Codice di Giustizia Sportiva FIGC.

La Società reclamante, in disparte dai diversi profili di nullità della decisione di prime cure, ha sostenuto di aver rispettato gli obblighi imposti dalla normativa di riferimento, avendo provveduto alla nomina del delegato alla tutela dei minori, all’adozione degli atti di accettazione policy per la tutela dei minori e dei codici di condotta firmati da tutti i dirigenti, nonché all’attivazione di un progetto per lo psicologo nella scuola calcio e di servizi in favore degli atleti.

Preliminarmente la Corte Federale si è soffermata a delineare il contesto normativo di riferimento, richiamando anzitutto l’art. 33 della Costituzione che evidenzia come lo sport, in particolare con riferimento ai minori, “debba essere praticato e coltivato come un prezioso alleato nell’educazione, nell’inclusione sociale e nel miglioramento del benessere complessivo di tutti i cittadini”. Nella medesima prospettiva la Corte ha richiamato anche l’art. 16 del D. Lgs. 39/2021 e l’adozione di misure di prevenzione e controllo c.d. di “safeguarding”, con la previsione da parte delle Federazioni di linee guida[2] per la predisposizione di modelli organizzativi e di controllo dell’attività sportiva e dei relativi codici di condotta a queste conformi, configuranti “obblighi, divieti, standard operativi e buone pratiche finalizzate al rispetto dei principi di lealtà, probità e correttezza di cui all’art. 4 C.G.S.”, sanzionabili “indipendentemente dalle disposizioni contenute nel sopravvenuto art. 28bis C.G.S.”.

Ha proseguito la Corte sostenendo come da ciò consegua “che la creazione di un ambiente sano, sicuro e inclusivo rappresenta un “valore” che l’ordinamento sportivo assume a tutela e costituisce al contempo un preciso dovere di tutti i tesserati, alla cui realizzazione devono particolarmente concorrere i dirigenti e i tecnici, in ragione del loro ruolo di soggetti coinvolti nella crescita e nella cura dei giovani calciatori”; valore prevalente tanto che lo “stimolo al miglioramento delle prestazioni sportive” non può mai divenire “potenziale alibi per giustificare espressioni lesive della dignità dei minori nell’esercizio dell’attività sportiva” né “le dinamiche di squadra e di spogliatoio” essere derubricate a “goliardia”.

La Corte ha poi tratteggiato le figure dell’allenatore, quale “ruolo di riferimento” per gli atleti, e della Società, quale baluardo per la vigilanza e l’intervento “nel contrasto e nella repressione di abusi, violenze e discriminazioni”, essendo lo sport “veicolo per la promozione del benessere dei minori”. La Corte ha inoltre identificato la fattispecie di abuso psicologico in “qualsiasi condotta o trattamento alienante, […] idoneo a indurre nel tesserato sentimenti di turbamento, ansia, smarrimento di sé, perdita di sicurezza e autostima, fino a sfociare nel progressivo disinteresse per le attività che prima risultavano piacevoli” e quelle discriminatorie nei “trattamenti ingiusti e sconvenienti che sottendono l’inferiorità di un gruppo o di una persona, in base a criteri inerenti alle prestazioni sportive e alle capacità atletiche, ovvero inerenti a convinzioni personali o orientamento sessuale”.

Da ultimo la Corte ha accertato come, in seguito alle segnalazioni, la Società non avesse posto in essere iniziative “per tentare di porre rimedio alla situazione che era stata loro rappresentata in tutta la sua gravità”, né avesse adottato “misure cautelari e correttive nei confronti del tecnico autore delle condotte contestate”, mancando così quelle “azioni concrete per inverare la responsabilità che consegue agli obblighi di tutela e di protezione dei minori” che non possono risolversi nella (mera e formale) “designazione del delegato alla tutela dei minori e al recepimento della Policy minori e dei codici di condotta”.

[1] Adottata da FIGC-SGS in data 24 ottobre 2020

[2] Adottate da FIGC con C.U. n. 87/A del 31 agosto 2023

 

Articolo curato da Avv. Celeste Facchin

“Sed ut perspiciatis unde omnis iste natus error sit voluptatem. accusantium doloremque laudantium, totam rem aperiam, eaque ipsa quae ab illo inventore veritatis et quasi architecto beatae vitae dicta.”